La macchina da presa è un apparecchio in grado di imprimere su una pellicola fotosensibile una sequenza di scatti fotografici in rapidissima successione, utilizzando un metodo fotochimico. Leggi la guida per conoscerne caratteristiche, tipologie, e come scegliere il modello di cinepresa su pellicola fotografica in base a criteri di qualità, valore dell’usato, prezzo e corretta informazione per il consumatore.
Caratteristiche
Il materiale di realizzazione della pellicola può essere la celluloide, il poliestere o altri tipo di materiali con le stesse caratteristiche, ed è solitamente dotata di un bordo perforato per permetterne il trascinamento da parte delle apposite ghiere di cui è dotata la macchina da presa (ovviamente esistono anche delle eccezioni). Una volta impressa la pellicola, questa può essere riprodotta utilizzando un proiettore, per generare un’immagine in movimento.
La macchina da presa è quindi diversa dalla macchina fotografica, che è in grado di imprimere un fotogramma alla volta e ormai neanche più su pellicola, visto che da almeno una decina di anni, con l’avvento della fotografia digitale, la pellicola ha lasciato il posso a un apposito sensore digitale; ma è anche diversa dalle moderne videocamere, che sono in grado di acquisire immagini in sequenza impiegando un sensore che catture le immagini, le codifica e le memorizza su un nastro magnetico, su una memoria a stato solito o su un supporto ottico, ad esempio un CD o un DVD. Questo processo può avvenire in modo sia digitale che analogico, così come anche per la macchina da presa analogica esiste il corrispettivo digitale che è in grado di acquisire le immagini e di memorizzarle in modo totalmente elettronico.
Invenzione
La storia della macchina da presa è strettamente correlata sia alla storia della fotografia che a quella della cinematografia. La sua origine, quindi, risale a George Eastman, che ha brevettato la pellicola e l’ha successivamente commercializzata su scala industriale, e a Tomas Edison, che può essere considerato il padre creatore della prima macchina da presa, chiamata cinetoscopio, che funzionava con gli stessi principi di quelle che si utilizzano ancora oggi.
Qualche anno più tardi i fratelli Lumière ebbero il merito di aver inventato il primo cinematografo della storia, costituito da una macchina da presa che svolgeva la duplice funzione di proiettore e duplicatore. Entrambi questi apparecchi utilizzavano il formato di pellicola perforata da 35mm, che scorreva grazie all’azione di un trascinatore meccanico. Tra le peculiarità del cinematografo c’era quella di far scorrere il film con un movimento verticale, invece che orizzontale, in modo molto simile a come accade oggi con le moderne macchine da presa.
Funzionamento
Nonostante le evoluzioni tecnologiche che si sono susseguite negli anni successivi alla sua invenzione, le macchine da presa di oggi funzionano sostanzialmente nello stesso modo di quelle di un centinaio di anni fa: da un caricatore, che sia una bobina o una cassetta, fuoriesce la pellicola non ancora impressionata, che scorre in un canale sospinta all’azione di appositi rulli.
Successivamente, viene agganciata da una rotaia e fatta scorrere di fronte all’ottica, dove avviene la sua impressione. Dopo che il singolo fotogramma è stato impressionato il passaggio della luce viene bloccato da un otturatore rotante, la pellicola scorre fino a far avanzare davanti all’ottica il fotogramma successivo, che viene bloccato in posizione da una pinza che va a incastrarsi nel bordo perforato della pellicola per il lasso di tempo che serve all’impressione del nuovo fotogramma. E il processo si ripete. Ovviamente l’otturatore lavora in sincrono con le pinze tramite meccaniche collegate, in modo che l’otturatore risulti chiuso nel momento in cui la pellicola si sta muovendo per il cambio di fotogramma.
Evoluzione
L’evoluzione tecnologica ha fatto ovviamente in modo che le meccaniche che regolano il funzionamento delle macchine da presa diventassero sempre più piccole con il passare del tempo, con il risultato che le macchine da presa sono diventate sempre più comode da utilizzare, maneggevoli e di dimensioni sempre più portatili. Mentre i primi modelli funzionavano grazie all’azione di una manovella, successivamente è stato introdotto un sistema a molla, che è stato ulteriormente sostituito da motori elettrici con alimentazione a batteria nei modelli più recenti.
Già dal momento della sua invenzione, in ogni caso, iniziarono subito a nascere e ad essere diffusi i primi modelli di macchina da presa amatoriali; il primo brevetto di questo tipo, infatti, è stato depositato nel 1898 in Inghilterra da Birth Acres ed era relativo a una macchina amatoriale chiamata Birtac che poteva impressionare la metà di una pellicola da 35mm: sostanzialmente era un’antenata della cinepresa da 16mm che avrebbe riscosso in futuro un grandissimo successo. La prima, vera macchina da presa da 16mm venne prodotta nel 1923 dalla Kodak, e solo cinque anni dopo per questo modello fu introdotta la pellicola a colori. Nel 1932, sempre la Kodak immise sul mercato la prima macchina da presa da 8mm, che presentava una pellicola di dimensioni ridotte allo scopo di ridurre anche il costo dello sviluppo. Questo fu il primo passo per la nascita di quelli che vennero chiamati “passi ridotti”, che riscossero un incredibile successo soprattutto in campo amatoriale e familiare, e che vennero utilizzate ampiamente fino all’introduzione delle prime videocamere moderne. Nonostante fossero state destinate specificamente al mercato amatoriale, le macchine da presa da 16mm vennero utilizzate ampiamente anche nel settore giornalistico, per la loro maneggevolezza e la loro portabilità.
Con la nascita del cinema sonoro nacque anche la necessità di ideare un sistema di isolamento acustico per le cineprese, il cui rumore dato dal funzionamento interferiva troppo con la registrazione del suono. Nei primi tempi, infatti, le riprese audio erano possibili solo all’interno di uno studio, dove era possibile inserire la macchina da presa in una scatola con effetto insonorizzante. Nel 1953 venne avviata la produzione di quelli che venivano chiamati Blimp, ossia gusci anti-rumore che racchiudevano la macchina da presa, inizialmente piuttosto difficili da utilizzare agevolmente nel corso delle riprese.
Nel 1957 venne ideato un Blimp totalmente insonorizzante per la Arriflex 35 Iib, con dimensioni che permettevano di inserirvi facilmente la macchina da presa. Un’altra tra le innovazioni più significative per la storia di questi apparecchi si deve a Erich Kästner, ingegnere costruttore della Arnold & Richter che ideò, nel 1937, un sistema reflex che permetteva di inquadrare nel mirino un’immagine chiara e non invertita, anche durante la fase di ripresa. Sempre Kästner, nel 1972, ideò una macchina da presa sonora con formato 35mm che poteva essere portata sulla spalla, e che permetteva quindi di effettuare riprese video e audio in qualsiasi luogo e in qualsiasi situazione. Furono due innovazioni talmente rilevanti per la storia della cinematografia così come per tanti altre settori audiovisivi, che Kästner ricevette per ognuna un premio Oscar per la Tecnica.
Al giorno d’oggi i film che vediamo al cinema vengono ancora ripresi quasi esclusivamente con una macchina da presa da 35mm, anche se ultimamente anche in questo settore si sta facendo avanti la tecnologia digitale, mentre per le produzioni televisive si preferisce il formato di pellicola da 16mm. Il mercato a livello mondiale delle cineprese ad uso professionale è equamente suddiviso tra la Arnold & Richter e la Panavision; il settore delle macchine da presa ad alta velocità della pubblicità è invece in mano alla Photosonics, che rifornisce anche il settore degli effetti speciali e della ricerca scientifica grazie a macchine che possono vantare una velocità che va dai 360 ai 2100 fotogrammi al secondo, utilizzando meccanismi di movimento intermittente e avanzati sistemi prismatici.
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